Da strumento per perseguire uno scopo comune in modo differenziato, a folle idea di indipendenza.
L’esperienza della lotta al COVID ha evidenziato le enormi lacune che governano il sistema regionale italiano, infatti, in questa crisi abbiamo visto come una emergenza che a livello internazionale andava combattuta con sinergia delle scelte e nella lotta, ha trovato, invece, disomogeneità e caos nelle direttive, nella stima e nella prevenzione e contrasto.
Una crisi, che aveva per la velocità e l’alta percentuale di contagio conseguenze nazionali, doveva essere affrontata con unità di intenti e opinioni. Invece, ha visto i vari governatori sottostimare, o analizzare in modo differenziato il problema e i dati, ha visto interventi e precauzioni disomogenei. Alle direttive nazionali e internazionali si affiancavano “ideologie” e le organizzazioni regionali aumentando il caos e quindi le possibilità del virus di espandersi. La sanità è una materia rientrante in quelle concorrenti fra Stato e Regioni, ma le regioni hanno sempre più provato ad accaparrarsi questa preziosa risorsa, che seppur costosa e difficilmente gestibile, capace di portare profitti in termini economici e politici, così si è creato un ginepraio di organizzazioni confuse ed eterogenee, basate su scelte regionali, che difficilmente riescono ad operare in sinergia. Infatti anche i sistemi di prevenzione e controllo basati sulla tecnologia, per esempio le piattaforme dove vengono inseriti i dati, risultano differenti per evoluzione e organizzazione nelle varie regioni e se a questo si affiancano le varie politiche sulla privatizzazione si avrà un sistema sanitario che non solo è eterogeneo e confuso, ma risulta essere una vera e propria Babele.
In questo caso a essere cruciale non è tanto se un sistema sia accentrato o decentrato, ma come accentramento e decentramento sono declinati nei numerosi snodi che un sistema istituzionale necessariamente comporta. Il regionalismo del sistema sanitario ha fallito, proprio perché le competenze centrali e regionali si sono andate confondendo spinte da interessi politici più che tecnici.
La pandemia in corso ha la caratteristica di avere portata nazionale ma di essere al contempo estremamente differenziata a livello territoriale. È un tipico fenomeno dove il decentramento può, teoricamente, risultare efficace, laddove il governo centrale stabilisse gli interventi generali e gli scopi da perseguire e il sistema regionale adattasse tali interventi e scopi alle specifiche esigenze del territorio, attraverso un coordinamento tra livelli di governo e attraverso un sistema sanitario unito sulla prevenzione e il contrasto, ma al contempo capace di organizzarsi e agire in modo differente. Questa doveva essere la regionalizzazione, unico scopo, unico obiettivo, unico bene supremo, perseguito regionalmente per le diverse conformazioni del territorio nazionale, non un movimento indipendentista.